.

ARCHIVIO DEL CONDOMINIO

La revoca assembleare e giudiziale dell’amministratore negligente

This content is for Subscribers Users

Bonus mobili: si può ottenere se non si effettua la ristrutturazione?

Un contribuente si è rivolto all’Agenzia delle Entrate ponendo un quesito attraverso la Posta di FiscoOggi inerente alla fruizione del bonus mobili.

Nel caso analizzato, il contribuente ha spiegato al Fisco di aver avviato degli interventi di manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio nel quale è proprietario di due unità abitative sulle tre totali. I lavori realizzati nelle parti comuni riguardano il rifacimento dell’intonaco e la pittura interna del vano scale, si tratta quindi di interventi che non necessitano di alcun titolo edilizio.

Premesso ciò, il contribuente ha chiesto all’Agenzia delle Entrate se può fruire del bonus mobili per l’acquisto di alcuni arredi destinati ad una delle due unità abitative di cui è proprietario.

In risposta, l’Agenzia delle Entrate ha spiegato che quando si effettua un intervento di recupero del patrimonio edilizio sulle parti condominiali di edifici residenziali, compresi gli interventi di manutenzione ordinaria, i condòmini hanno diritto a fruire del bonus mobili, ciascuno in base alla propria quota e solo se i beni acquistati sono destinati ad arredare tali parti comuni.

Difatti, il bonus mobili non è riconosciuto a coloro che, invece, acquistano mobili ed elettrodomestici da destinare all’arredo della propria unità immobiliare. Ciò detto, quindi, il contribuente non potrà fruire dell’agevolazione richiesta.
A tal proposito è utile ricordare che la Circolare n. 29 del 2013 dell’Agenzia delle Entrate in merito all’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici ha specificato, al paragrafo 3.2, che i contribuenti in questione devono sostenere “ulteriori spese documentate”, rispetto a quelle sostenute per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, per “l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione”.

Inoltre, la normativa inerente al bonus mobili stabilisce che al fine di ricevere l’agevolazione è necessario che si svolgano alcuni interventi quali:
• interventi di manutenzione straordinaria, restauro conservativo e ristrutturazione edilizia su singole unità abitative;
• interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria sulle parti comuni degli edifici residenziali;
• ricostruzione o ripristino di un immobile danneggiato da eventi calamitosi;
• restauro, risanamento conservativo o ristrutturazione edilizia eseguiti da imprese di costruzione che venderanno l’immobile entro 18 mesi dal termine dei lavori.

Pertanto, la correlazione tra interventi edili e l’acquisto di mobili ed elettrodomestici per fruire della relativa agevolazione, è necessaria, anche se va specificato che gli interventi realizzati non devono obbligatoriamente qualificarsi come ristrutturazione edilizia ai sensi del Testo Unico edilizia (DPR n. 380/2001).

Infine, è importante ricordare che il bonus mobili, ovvero la detrazione Irpef del 50% per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici destinati ad arredare un immobile oggetto di interventi di recupero del patrimonio edilizio, è calcolata su un massimale di € 8.000 per l’anno 2023 e di € 5.000 per l’anno 2024.

A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI

Superbonus, analisi degli effetti

This content is for Subscribers Users

Cedolare secca 2024, tre diverse aliquote per la tassazione degli affitti

This content is for Subscribers Users

ARERA: nuove penali per il recesso dei contratti di energia elettrica

Dal 1° gennaio 2024 è operativa la delibera dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), emessa il 6 giugno scorso, la quale prevede la facoltà per i fornitori di energia elettrica di applicare un onere a carico del cliente nel caso in cui questo eserciti il recesso prima della scadenza del contratto.

La delibera ARERA stabilisce come eventuali penali possano essere applicate esclusivamente nei contratti a durata determinata e a prezzo fisso. Ciò implica che alla sottoscrizione del contratto il cliente debba essere chiaramente informato e, quindi, debba essere pienamente consapevole delle condizioni economiche e delle possibili conseguenze in caso di recesso anticipato.

Per quanto concerne i contratti a tempo indeterminato che hanno “condizioni economiche a prezzo fisso di durata determinata”, è prevista la possibilità di applicare eventuali oneri di recesso limitatamente al primo periodo di validità delle condizioni economiche.

Riguardo al recesso e alla validità degli oneri, l’ARERA ha stabilito anche determinati obblighi per i fornitori di energia elettrica, ovvero:
• nel contratto va indicato in modo chiaro l’eventuale onere di recesso, nel suo importo massimo, che deve essere “specificamente approvato e sottoscritto dal cliente”;
• le altre indicazioni e informazioni relative agli eventuali oneri in caso di recesso devono essere indicate in modo specifico nel riquadro “Modalità e oneri per il recesso” della scheda sintetica utilizzata per riassumere le caratteristiche dell’offerta.

A cura di Deborah Maria Foti, Ufficio Stampa ANAPI

Superbonus, il decreto per tutelare le fasce più deboli

This content is for Subscribers Users

Legge di Bilancio 2024, le novità su casa e fisco

This content is for Subscribers Users

Natale in condominio: i limiti in tema di addobbi e rumori

This content is for Subscribers Users

Normativa ascensori: novità, modifiche e stato dell’arte della legislazione

This content is for Subscribers Users

Superbonus: errori nella comunicazione di cessione del credito

La nuova risposta n. 440 del 28 settembre 2023 fornita dall’Agenzia delle Entrate approfondisce e chiarisce cosa accade nel caso in cui siano stati commessi degli errori nella comunicazione della cessione del credito in relazione al Superbonus.

Nel caso analizzato l’Istante, beneficiario del Superbonus, dopo aver provveduto alla cessione del credito di un SAL relativo a un importo superiore al 30% delle spese agevolabili, si è accorto di alcuni errori relativi alle somme indicate nelle comunicazioni. Di conseguenza, il tecnico incaricato a redigere le asseverazioni, rilevando queste inesattezze, ha provveduto ad annullare la prima asseverazione sostituendola con una nuova.

A seguito di tale correzione si è creata una differenza tra i crediti relativi alla prima comunicazione fatta all’Agenzia delle Entrate e già ceduti e i crediti realmente maturati. Considerato che l’istituto di credito cessionario si trova nell’impossibilità di annullare l’accettazione dei crediti derivanti dalle comunicazioni di cessione non corrette e, quindi, di ridurre il plafond del credito compensabile a sua disposizione, l’Istante chiede al Fisco cosa può fare per regolarizzare l’errore commesso.

In risposta, l’Agenzia delle Entrate, dopo aver richiamato il quadro normativo di riferimento, ha ricordato che la circolare n. 33/E del 6 ottobre 2022, in riferimento alla comunicazione della cessione del credito ha stabilito che: “L’errore ¬ o l’omissione ¬ relativo a dati della Comunicazione che incidono su elementi essenziali della detrazione spettante e quindi del credito ceduto può essere definito sostanziale (ad esempio, è un errore sostanziale l’errata indicazione del codice dell’intervento da cui dipende la percentuale di detrazione spettante e/o il limite dispesa, oppure del codice fiscale del cedente). Al fine di consentire la corretta circolazione dei crediti ed evitare difficoltà ai titolari delle detrazioni, oltre che ai cessionari e ai fornitori, è consentito l’annullamento, su richiesta delle parti, dell’accettazione di crediti derivanti da comunicazioni di prime cessioni o sconti non corrette”.

Nel caso di annullamento su richiesta da entrambe le parti, il credito utilizzabile dal cessionario è ridotto dell’importo annullato, pertanto sarà necessario inviare una nuova comunicazione. Nel caso in cui i termini fossero scaduti, si può procedere con la remissione in bonis pagando la sanzione pari a 250 euro.
L’Agenzia delle Entrate prosegue spiegando che: “Con riferimento alle criticità relative ai rapporti tra cedente e cessionario, si ricorda che l’Agenzia delle entrate è estranea al rapporto di natura privatistica intercorrente tra tali soggetti. Ciò comporta che l’Agenzia, tra l’altro, non può:
• sostituirsi al cessionario che non effettui l’accettazione o il rifiuto del credito;
• intervenire per annullare le comunicazioni delle opzioni (o i relativi effetti), in base a una richiesta unilaterale, dopo che i crediti sono stati messi a disposizione del cessionario”.

Ciò detto, quindi, nel caso in cui il contribuente segnalasse l’insussistenza dei presupposti per beneficiare della detrazione alla Direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate, tale segnalazione verrà valutata nell’ambito delle attività di analisi del rischio ai fini dell’eventuale attivazione delle attività di controllo.

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito anche che qualora sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione, questa provvederà al recupero dell’importo dei crediti illegittimamente compensati. In tal caso rientra l’eventuale situazione in cui l’importo delle comunicazioni errate è superiore rispetto a quello corretto.

Di conseguenza, il beneficiario dovrà, quindi, riversare tramite modello F24 l’importo indebito maggiorato di interessi e sanzione. Gli interessi e la sanzione non vengono applicati solo nel caso in cui venga provato che il credito ceduto non è ancora oggetto di compensazione alla data del riversamento, difatti nell’ipotesi in cui non sia così, si dovrà provvedere al pagamento di interessi e sanzione in misura ridotta in applicazione dell’istituto di ravvedimento operoso.

In risposta al caso esaminato nel presente interpello, l’Agenzia delle Entrate ha quindi concluso affermando che: “Nel caso di specie, sarà interesse dell’istante, al fine di beneficiare dell’esimente sanzionatoria, recuperare e conservare la prova della non avvenuta compensazione del suddetto credito da parte del cessionario alla data del ”riversamento”, da effettuare mediante l’utilizzo del Modello F24, con l’indicazione del codice tributo 6921, esponendo le somme a debito nella sezione ”Erario” colonna ”importi a debito versati” (istituito con la risoluzione 28 dicembre 2020 n. 83/E)”.

Pertanto, visto che nel caso descritto il credito non è stato utilizzato in compensazione, ma il cessionario non collabora, il cedente dovrà comunque riversare tramite modello F24 l’importo dell’indebita detrazione ceduta e sarà suo onere e suo interesse dimostrare che il cessionario non ha utilizzato il credito in compensazione, così da non dover pagare gli interessi e la sanzione.

A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI