Chi ha ristrutturato il proprio immobile beneficiando del Superbonus deve procedere all’aggiornamento delle rendite catastali. I contribuenti che non hanno ancora fatto l’adeguamento riceveranno una lettera da parte dell’Agenzia delle Entrate successivamente all’incrocio dei dati.
Lo ha annunciato il direttore uscente delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, nella sua relazione di fine anno.
Quanti potrebbero essere gli interessati? In base a quanto indicato dall’Enea, sono 496.963 gli edifici nei quali si è intervenuto con il Superbonus. In proporzione, le richieste di variazione catastale registrate sono pochissime.
Le disposizioni normative
La Legge di Bilancio 2024 prevede, ai commi 86 e 87 dell’art. 1, che l’Agenzia delle Entrate verifichi, in relazione alle unità immobiliari oggetto degli interventi agevolati dal Superbonus, la presentazione delle dichiarazioni di variazione dello stato dei beni, anche ai fini di eventuali effetti sulle rendite dell’immobile presenti nel catasto dei fabbricati.
Nei mesi scorsi il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha annunciato in più occasioni una verifica sull’attuazione di tali misure e la necessità di procedere alla revisione dei valori catastali degli immobili migliorati con il Superbonus.
Nella sua relazione di fine anno il direttore uscente dell’Agenzia delle Entrate ha annunciato che nei primi mesi del 2025 l’Agenzia “nell’ambito delle attività finalizzate all’aggiornamento della banca dati catastale”, oltre alle attività ordinarie di verifica e controllo, “avvierà la campagna di compliance relativa al Superbonus” con l’invio di lettere per chiedere ai contribuenti di chiarire la propria posizione.
Nella relazione viene inoltre spiegato che la lista dei destinatari della lettere di compliance sarà generata dall’incrocio dei dati derivanti dalle “comunicazioni dell’opzione relativa agli interventi di recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica, rischio sismico, impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica” e “le risultanze della banca dati catastale, per gli immobili per i quali non risulta essere stata presentata, ove prevista, la dichiarazione di variazione catastale”.
Pertanto, chi ha avviato una pratica di Superbonus effettuando la cessione del credito senza presentare la variazione catastale riceverà la lettera del Fisco.
Ricevuta la lettera, ci sarà la possibilità di spiegare perché la variazione catastale non è stata effettuata. Infatti, non sempre la legge richiede questo adempimento. In caso di omissioni, è previsto il ravvedimento operoso. Mentre, se il comportamento è stato corretto, andranno presentate le proprie controdeduzioni, supportate da una perizia tecnica.
La dichiarazione di variazione catastale
Le disposizioni contenute nella Legge di Bilancio 2024 lasciano intendere che la presentazione della dichiarazione di variazione sia un “adempimento automatico” richiesto in ogni caso al termine dei lavori agevolati con Superbonus.
Il Testo Unico dell’edilizia, infatti, prevede che entro 30 giorni dalla fine dell’intervento il direttore dei lavori debba depositare in Comune la prova dell’avvenuta presentazione della variazione catastale o una dichiarazione che gli interventi non hanno comportato una modifica del classamento.
L’obbligo di presentare una dichiarazione di variazione catastale è previsto dall’articolo 20 del Rdl 652/1939, secondo cui i titolari di immobili già censiti sono obbligati a denunciare le variazioni che implichino mutazioni, per l’attribuzione della categoria e della classe.
L’obbligo di variazione catastale
In linea di principio, molti lavori di Superbonus non comportano l’obbligo di effettuare la variazione della rendita. Tale obbligo, di norma, sussiste solo quando venga aumentato il numero di vani, venga incrementata la volumetria o siano apportate variazioni planimetriche.
Determinano l’obbligo di revisione gli interventi con cui si realizza:
• la costruzione di nuove unità fuori terra ed interrate;
• una rilevante redistribuzione degli spazi interni;
• un cambiamento dell’utilizzazione di superfici scoperte, quali balconi o terrazze;
• modifiche interne, quali lo spostamento di porte e tramezzi;
• la modifica alla destinazione d’uso di vani o singoli ambienti;
• modifiche che incidano direttamente sulla consistenza, sulla classe o sulla rendita catastale (rientrano in questo caso gli interventi su edifici collabenti, il recupero del sottotetto a fini abitativi, l’installazione di impianti che aumentano naturalmente il valore dell’immobile, l’installazione dell’impianto fotovoltaico, impianti di automazione, ascensori).
Non c’è invece obbligo di variazione catastale per:
• l’esecuzione di interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione (pavimenti, wc, infissi, tetto, facciata, rinforzi strutturali, messa a norma impianti) con materiali comparabili con gli originari;
• l’installazione di impianti fotovoltaici a servizio di singole unità se la potenza installata è inferiore a KW 3 per il numero di unità immobiliari servite.
Obbligo di revisione della rendita per aumento del valore del 15 per cento
Anche in assenza delle condizioni indicate, l’aggiornamento della rendita deve essere effettuato se il valore dell’immobile, a seguito di una ristrutturazione, viene incrementato di almeno il 15 per cento.
Più precisamente, la revisione della rendita è sempre dovuta in caso di interventi edilizi di cui all’art. 3 del Testo Unico dell’Edilizia (ristrutturazioni; manutenzioni straordinarie; variazioni nelle caratteristiche tipologiche, distributive e/o impiantistiche; restauro e risanamento conservativo) che comportino un incremento stimabile in misura non inferiore al 15 per cento del valore di mercato e della relativa redditività (soglia corrispondente alla variazione di una classe catastale), quando gli stessi abbiano comportato una variazione della consistenza ovvero delle caratteristiche tipologiche distributive ed impiantistiche originarie delle unità immobiliari o, nel caso di interventi di restauro e risanamento conservativo, qualora abbiano interessato l’intero edificio.
Il riferimento è alle circolari 10/2005 e 1/2006 dell’Agenzia del Territorio e alla Determinazione del 16 febbraio 2005 che – nell’ambito dell’applicazione dell’art. 1 della Legge 311/2004, comma 336 – individua il 15 per cento come soglia incrementale del valore dell’immobile da considerare, indicatore sintetico e parametro di riferimento per la revisione della rendita.
Dopo il Superbonus poche variazioni catastali
Secondo quanto emerge dal rapporto 2023 dell’Enea sulle detrazioni fiscali, il 77,5 per cento degli immobili ristrutturati con Superbonus ha ottenuto un salto di almeno tre classi energetiche, il 65,7 per cento di almeno quattro classi.
Stime contenute in uno studio pubblicato dalla Banca d’Italia nel dicembre del 2023 sostengono che l’incremento medio del valore di mercato per il passaggio dalla classe G alla classe A, al momento della vendita, è di circa il 25 per cento. Quindi, già con un salto di tre classi è molto probabile lo sforamento del limite del 15 per cento.
In pratica, tre immobili su quattro, tra quelli sui quali è stato effettuato un intervento agevolato con il Superbonus, avrebbero dovuto adeguare la rendita catastale.
A fronte di questi dati, le statistiche catastali più recenti non hanno registrato un aumento diffuso delle rendite: molti di coloro che avrebbero dovuto comunicare la revisione al catasto non l’hanno fatto.
Se si fa riferimento ai criteri di selezione annunciati dall’Agenzia delle Entrate (pratiche Superbonus con cessione del credito), potrebbero essere interessati dall’operazione circa 500mila immobili.
La verifica delle Entrate sulla variazione catastale dopo interventi Superbonus
Il comma 86 della Legge di Bilancio 2024 prevede che l’Agenzia delle Entrate verifichi se sia stata presentata – ove prevista – la dichiarazione di variazione di cui all’art. 1 del D.M. 701/1994, commi 1 e 2, con riferimento alle unità immobiliari oggetto degli interventi agevolati con Superbonus.
Tale verifica deve essere condotta sulla base di specifiche liste selettive elaborate con l’utilizzo delle moderne tecnologie di interoperabilità e analisi delle banche dati, anche ai fini degli eventuali effetti sulla rendita dell’immobile presente in atti nel catasto dei fabbricati.
Facendo un passo indietro, è utile ricordare che la norma citata – l’art. 1 del D.M. 701/1994, comma 3 – prevede che la rendita proposta dal contribuente rimanga negli atti catastali come “rendita proposta” fino a quando l’Agenzia delle Entrate non provvede con mezzi di accertamento informatici o tradizionali, anche a campione, e comunque entro 12 mesi dalla data di presentazione delle dichiarazioni, alla determinazione della rendita catastale definitiva.
Come disposto dall’art. 4 del D.L. 853/1984, comma 21, l’Agenzia delle Entrate ha facoltà di verificare le caratteristiche degli immobili oggetto delle dichiarazioni, ed eventualmente modificarne le risultanze censuarie iscritte in catasto.
Ora, l’Agenzia delle Entrate verifica che sia stata presentata, ove prevista, la dichiarazione per i lavori di Superbonus recante l’aggiornamento della rendita dell’immobile riportata negli atti del catasto dei fabbricati.
Se tale dichiarazione non risulta presentata, l’Agenzia delle Entrate può inviare al contribuente una comunicazione specifica – lettera di compliance – per sollecitare l’adempimento richiesto. Grazie a questa comunicazione preventiva il contribuente può presentare controdeduzioni, motivare la mancata presentazione della dichiarazione di variazione, dimostrare l’avvenuto adempimento o ravvedersi.
Qualora il contribuente – supportato dal suo tecnico – dovesse accertare l’esistenza dell’obbligo di aggiornamento del classamento catastale e convenire con quanto indicato nella comunicazione ricevuta dall’Agenzia delle Entrate, potrà correggere l’omissione, presentando la dichiarazione di variazione catastale e avvalendosi del ravvedimento operoso, che consente di ridurre la sanzione (172 euro anziché 1.032 euro a unità immobiliare) per l’adempimento tardivo.
Se invece il contribuente ritiene di non dover assolvere all’obbligo di aggiornamento catastale, dovrà fornire gli opportuni chiarimenti.
In caso di inadempimento entro il 90 giorni, l’Agenzia delle Entrate notifica un avviso di accertamento e interviene in surroga per aggiornare le rendite e applicare la sanzione.
Variazione catastale: l’iter ordinario
Nei confronti del contribuente che non provvede alla richiesta di attribuzione della nuova rendita catastale, l’Agenzia delle Entrate notifica un avviso di accertamento con il quale l’amministrazione tributaria procede in automatico all’aggiornamento, rendendo noto il procedimento al contribuente coinvolto.
In seguito alle verifiche tecniche effettuate dagli uffici dell’Agenzia, gli intestatari delle unità immobiliari urbane interessate ricevono un avviso di accertamento, con la rideterminazione del classamento e l’attribuzione di una nuova rendita catastale.
Se l’avviso di accertamento viene ritenuto corretto, i destinatari non dovranno procedere ad alcun ulteriore adempimento catastale, perché i dati sono aggiornati direttamente dall’Agenzia.
Il destinatario che, invece, considera l’atto non fondato, potrà chiederne il riesame in autotutela oppure presentare ricorso. La domanda di riesame in autotutela non sospende i termini per la presentazione di un eventuale ricorso al giudice tributario.
Ho richiesto all’amministratore condominiale di prendere visione di tutta la documentazione relativa alla sua gestione del condominio. L’amministratore sostiene che per tale richiesta è necessario pagare. Ha ragione? Sulla base di quale norma?
L’articolo 1130-bis del Codice civile, introdotto dalla Riforma del condominio, la Legge 220/2012, stabilisce, al primo comma, che “i condòmini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese”.
È quindi diritto dei condòmini prendere visione dei documenti della gestione, in particolare dei giustificativi di spesa, e pure a estrarne copia, anche se la spesa relativa resta a carico dei richiedenti.
Nell’ipotesi in cui il condòmino si limitasse invece a una semplice disamina dei documenti, non dovrà sostenere alcun costo.
Pertanto, nel caso in esame, si conferma la correttezza della pretesa da parte del condòmino di prendere visione dei giustificativi di spesa, comprese le fatture rilasciate al condominio, e, nel contempo, l’obbligo per lo stesso di sostenere gli eventuali costi correlati.
Il mercato energetico, dopo essersi messo alle spalle la crisi, deve fare i conti oggi con una nuova realtà, caratterizzata da prezzi più stabili rispetto ai picchi toccati negli ultimi anni, ma più alti rispetto ai livelli pre-crisi.
La nuova indagine dell’Osservatorio tariffe di Segugio.it mette in evidenza l’evoluzione del PUN, il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica, e del PSV, il prezzo all’ingrosso del gas, nel corso degli ultimi 12 mesi.
Questi due indici governano tutti i prezzi che, a cascata, i fornitori applicano ai consumatori finali.
Inoltre, Segugio.it analizza l’evoluzione della quota fissa, un vero e proprio canone a prescindere dal consumo, parte integrante delle tariffe luce e gas.
Energia elettrica: dopo un calo, il PUN rimbalza
Per il settore dell’energia elettrica si registra un’importante inversione di tendenza del PUN.
Nel primo quadrimestre 2024 si è registrato un calo del 40 per cento rispetto allo stesso periodo del 2023. Tuttavia, nel corso dell’anno, il prezzo all’ingrosso è aumentato del 32 per cento, se confrontiamo novembre con gennaio 2024.
Negli ultimi mesi, inoltre, assistiamo al ritorno prepotente delle offerte a prezzo bloccato che, a novembre 2024, risultano più convenienti del -24 per cento rispetto alle tariffe indicizzate. Questo ovviamente basando le proiezioni delle offerte variabili sui prezzi previsionali, cosiddetti forward.
Gas: in aumento il PSV
Per il gas, lo scenario che si evince dall’analisi del prezzo all’ingrosso (PSV), è simile. Il PSV medio del primo quadrimestre 2024 è -44 per cento rispetto allo stesso periodo del 2023. Tuttavia, negli ultimi mesi il valore dell’indice è aumentato. Il confronto tra novembre 2024 e gennaio, infatti, vede un aumento del PSV del +46 per cento. Come per la luce, inoltre, le offerte a prezzo fisso sono tornate più convenienti delle offerte a prezzo variabile del -10 per cento.
Aumenta la quota fissa mensile delle forniture
L’indagine dell’Osservatorio mette in evidenza un’ulteriore tendenza del mercato: nel confronto tra il 2021 e il 2024 si registra un netto aumento della quota fissa mensile delle forniture che rappresenta, di fatto, un canone. Incremento del +24 per cento per la luce e del +48 per cento per il gas.
Secondo Paolo Benazzi, managing director per il mercato Utilities&Banking di Segugio.it, “la crisi energetica del 2022 ha inflazionato le cosiddette quote fisse di commercializzazione. Si tratta di canoni che il consumatore corrisponde per l’offerta di energia e di gas, a prescindere dai consumi. Parliamo di importi in media di 9 euro al mese per punto di fornitura (dai 7/8 euro ai 12/14 euro), e questo considerando le migliori tariffe. Nel 2021, questi stessi importi erano in media di circa 7 euro al mese”.
Nel condominio in cui vivo sono stati installati i ponteggi per i lavori di ristrutturazione. Non é però stato predisposto alcun sistema di allarme. Pertanto, sia quando sono fuori sia la notte vivo con la paura che possano entrare dei malintenzionati. Chiedo, quindi, chi sia il responsabile per eventuali furti.
L’installazione di ponteggi per lavori di manutenzione condominiale può creare un’occasione per spingere i ladri a compiere furti negli appartamenti.
Nel caso, la responsabilità può essere:
• dell’impresa appaltatrice: ai sensi dell’articolo 2043 del Codice civile, l’impresa è responsabile per i danni causati a terzi per colpa, negligenza o imprudenza. Il condòmino derubato dovrà dimostrare la condotta colposa dell’impresa e il nesso di causalità tra tale condotta e il furto;
• del condominio: il condominio, con l’amministrazione condominiale, può essere ritenuto responsabile per “culpa in eligendo”, cioè per aver scelto un’impresa inaffidabile, o per “culpa in vigilando”, per non aver vigilato adeguatamente sull’operato dell’impresa e sul rispetto delle norme di sicurezza. Anche in questo caso, il condòmino derubato dovrà dimostrare la condotta colposa del condominio e il nesso di causalità tra tale condotta e il furto.
Sebbene non vi siano obblighi di legge specifici per la messa in sicurezza dei ponteggi, è consigliabile adottare alcune misure preventive:
• redigere un contratto d’appalto dettagliato in cui si specifica che l’impresa è tenuta a dotare il ponteggio di sistemi di allarme, illuminazione notturna e reti metalliche di protezione;
• installare sistemi di allarme per ponteggi, quali quelli che rilevano variazioni di peso e vibrazioni o quelli volumetrici;
• vigilanza notturna: la soluzione più efficace, seppur onerosa, è quella di assumere un guardiano notturno che vigili sul cantiere;
• rimuovere le scale di collegamento ai piani, cosa che renderà più difficile per i ladri salire inosservati sui ponteggi.
In caso di furto durante i lavori condominiali, è importante denunciare il fatto alle autorità competenti e conservare tutta la documentazione utile (fotografie, fatture, contratto d’appalto, ecc.). È consigliabile, inoltre, rivolgersi a un avvocato per valutare la propria posizione, tutelare i propri diritti e verificare l’evoluzione delle tutele legali. Infine, é bene scegliere una polizza che tuteli contro i furti nella propria casa.
Con riferimento alle spese sostenute nel 2024, i contribuenti che possono ancora scegliere la cessione del credito o lo sconto in fattura devono inviare la comunicazione all’Agenzia delle Entrate entro il 17 marzo.
I casi in cui è ancora possibile scegliere le opzioni alternative alla detrazione sono limitati.
In particolare hanno ancora diritto ad esercitare queste opzioni coloro che al 30 marzo 2024 rispettano i seguenti requisiti:
• risulti presentata la CILA, se gli interventi sono diversi da quelli effettuati dai condomini;
• risulti adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori e risulti presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) se gli interventi effettuati dai condomini;
• risulti presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo, per gli interventi che comportano la demolizione e la ricostruzione degli edifici;
– risulti presentata la richiesta del titolo abilitativo, ove necessario, se gli interventi sono diversi da quelli agevolati ai sensi dell’articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020;
• siano già iniziati i lavori oppure, nel caso in cui i lavori non siano ancora iniziati, sia stato stipulato un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori e sia stato versato un acconto sul prezzo, se per gli interventi non è prevista la presentazione di un titolo abilitativo.
Tra le eccezioni al divieto di cessione del credito ci sono gli interventi realizzati su immobili danneggiati dagli eventi sismici che si sono verificati nelle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria il 6 aprile 2009 e dal 24 agosto 2016, per i quali le istanze o dichiarazioni siano state presentate dalla data di entrata in vigore del decreto-legge. La deroga si applica nel limite delle risorse messe a disposizione.
Possono beneficiare della cessione del credito anche gli interventi che rientrano nel bonus barriere architettoniche.
L’amministratore del condominio nel quale sono proprietario dell’appartamento in cui sono residente ha aperto un conto corrente a lui intestato, sul quale ha chiesto di eseguire i versamenti delle rate condominiali, specificando nella Causale: ONERI CONDOMINIALI ORDINARI PERIODO xxx CONDOMINIO yyy. Chiedo pertanto di sapere se questa procedura é corretta, in quanto nel condominio dove vivevo prima il conto era intestato a condominio e non all’amministratore.
Per gestire il condominio è necessario attivare ed utilizzare un conto corrente bancario e/o postale, specificatamente dedicato all’edificio.
Tale modalità è stata introdotta dalla Riforma del condominio (Legge n. 220/2012).
La mancata accensione del conto corrente condominiale è motivo di revoca dell’amministratore, in quanto é intesa come grave irregolarità nella gestione condominiale (art. 1129, comma 12, n. 3, del Codice civile).
Pertanto l’amministratore è tenuto a far affluire i versamenti di quote condominiali su apposito e separato conto corrente intestato al Condominio. Questo, in particolare, per evitare confusione e sovrapposizioni tra il patrimonio del condominio e il suo personale, oltre che per una esigenza di trasparenza e di informazione di tutti i condòmini che intendano verificare la destinazione dei propri esborsi e la gestione condominiale (in tale senso Cass. civ., sez. I, 15 maggio 2012, n. 7162).
Chiarito ciò, dall’esame del quesito emergerebbe una grave irregolarità commessa dall’amministratore in oggetto: ha infatti acceso un conto corrente intestato a se stesso.
Se tale circostanza fosse veritiera, sarebbe molto grave.
Come già precisato, infatti, in questo caso si verifica una sovrapposizione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell’amministratore.
Mentre per legge il conto corrente condominiale deve essere intestato solo ed esclusivamente al Condominio, e gestito dall’amministratore che ne deve dare conto ai condòmini.
Dunque, è giusto che l’amministratore si sia attivato per l’apertura di un conto corrente, facendo versare direttamente su tale conto tutti gli oneri condominiali necessari per la gestione dei beni comuni. Questo conto però non deve assolutamente essere intestato direttamente allo stesso, perché vi sarebbero, in tal caso, anche profili di natura penale (ad esempio il reato di appropriazione indebita).
Per quanto riguarda gli interventi di ristrutturazione da realizzare sulla seconda casa con CILA aperta a luglio 2024, quali saranno le detrazioni sulla parte delle opere realizzate nel 2025?
La risposta al quesito posto dipende da quale tipologia di lavori edilizi sono in carso di esecuzione e dall’agevolazione che si intende applicare nel 2025.
Se gli interventi edilizi sull’immobile sono agevolati con il Superbonus, con una CILA rilasciata nel luglio del 2024 c’é la possibilità di utilizzare la superagevolazione anche nel 2025, con aliquota al 65%. E’ però fondamentale che il titolo edilizio sia precedente al 15 ottobre 2024.
Se i lavori in via di realizzazione sono stati ammessi al Bonus Ristrutturazioni o Ecobonus ordinario, trattandosi di una seconda casa l’aliquota applicabile per gli interventi effettuati nel 2025 è pari al 36 per cento.
I tetti di spesa dell’Ecobonus non cambiano, quindi rimane il limite di 96mila euro per le ristrutturazioni edilizie e si confermano le diverse soglie di spesa per le varie tipologie di opere di efficientamento energetico.
Quindi, per riassumere, se si utilizza il Superbonus é possibile applicare l’agevolazione al 65 per cento nel 2025.
Mentre in tutti gli altri casi per lavori sulle seconde case l’aliquota di detrazione scende nel 2025 al 36 per cento.
Si coglie l’occasione per far presente un’ulteriore novità inserita nella Manovra 2025, che prevede limiti alle spese detraibili, calcolati nel loro complesso ed applicati a tutte le detrazioni fiscali per chi ha un reddito complessivo personale sopra i 75mila euro.
La soglia massima di spesa detraibile per chi rientra in questa fascia è pari a 14mila euro, scendendo a 8mila euro per chi ha un reddito superiore ai 100mila euro.
A questi limiti, che si riferiscono alla spesa su cui si effettua la detrazione, si applicano poi specifici coefficienti relativi alla presenza o meno di figli nel nucleo familiare (quoziente familiare), che servono a quantificare nel dettaglio il tetto personale alle spese che si potranno detrarre.