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Occorre una procura speciale per redigere il regolamento di condominio

A cura di: Avv. Giuseppina Maria Rosaria Sgrò

Per la stesura del regolamento condominiale è necessaria una procura speciale, altrimenti la clausola contenuta nell’atto di acquisto è nulla per indeterminatezza dell’oggetto. Ciò è quanto stabilito dal Tribunale di Torino con la sentenza n. 297 del 21 gennaio 2021.

Nel caso in esame, gli attori chiamavano in giudizio tutti gli altri condòmini ed il condominio stesso in persona dell’amministratore pro tempore, affinché venisse accertata e dichiarata dal Tribunale la nullità del regolamento condominiale in essere.

Costituitasi in giudizio, la società costruttrice e condomina lamentava il fatto che gli attori non avessero espressamente formulato domanda di nullità della clausola contrattuale contenente il mandato alla stipula del regolamento e sul cui presupposto si fondava la domanda di nullità dello stesso.

Difatti, dagli atti di causa emergeva che il regolamento di condominio in questione fosse stato redatto dalla società costruttrice dell’edificio molti anni dopo la costituzione del condominio in forza di una clausola contenuta negli atti di compravendita immobiliare stipulati dagli attori e dagli altri condòmini. Secondo detta clausola, “l’acquirente conferisce alla società venditrice mandato irrevocabile per addivenire alla stipula di tutti gli atti di obbligo e di vincolo che venissero comunque richiesti dalle competenti autorità amministrative, nonché per addivenire al deposito del regolamento di condominio dello stabile, con le più ampie facoltà e poteri al riguardo, compresi quelli di individuare le parti comuni del fabbricato, nonché le porzioni ad uso esclusivo (ad esempio posti auto esterni), redigere le tabelle di comproprietà delle parti comuni e di concorso nelle relative spese, e compiere in genere quant’altro necessario per l’espletamento del mandato stesso, senza alcuna limitazione o riserva”.

Il Tribunale di Torino sottolineava che, una volta sorto il condominio, non è più possibile che il costruttore stili il regolamento sulla base della delega contenuta nei diversi atti di acquisto delle singole unità immobiliari.

Il Giudice piemontese, rifacendosi a costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, affermava che l’acquirente/condomino che, con il contratto di acquisto di un’unità immobiliare di un fabbricato, abbia assunto l’obbligo di rispettare il regolamento condominiale che sarà predisposto dal costruttore, non vale a conferire a quest’ultimo il potere di stilare un qualsiasi regolamento, né può comportare l’approvazione di un regolamento in quel momento inesistente, in quanto lo scopo di una clausola del genere è esclusivamente quello di richiamare nel singolo atto di acquisto il valore cogente di un regolamento già esistente (ovvero già predisposto e conosciuto), che viene richiamato per relationem, quale parte integrante del contratto di compravendita.

Nella questione sottoposta al Tribunale di Torino non veniva messa in dubbio la validità del regolamento di condominio stipulato sulla base di una procura speciale, ma la nullità del regolamento stipulato in forza di un mandato senza rappresentanza, dal contenuto generico e indeterminato. Ed è per l’eccessiva indeterminatezza della clausola contrattuale in questione che il Giudice piemontese dichiarava la nullità della stessa e del conseguente regolamento condominiale, tra l’altro, redatto diversi anni dopo la stipula dei contratti di compravendita immobiliare.

L’asseverazione tardiva blocca la detrazione da Sismabonus

18 Marzo 2021
In base alla disciplina in vigore al momento della vicenda, la documentazione andava presentata insieme alla richiesta di autorizzazione all’inizio degli interventi antisismici

Con la risposta n. 192 del 18 marzo 2021, l’Agenzia delle entrate chiarisce un ulteriore dubbio riguardante la tempistica relativa alla presentazione della asseverazione del rischio sismico degli edifici necessaria per usufruire Sismabonus. In particolare il quesito riguarda la corretta applicazione dell’articolo 16, comma 1-quater del Dl n. 63/2013.

L’interpello è di una società che oltre all’attività principale svolge un’attività secondaria rappresentata dalla compravendita e costruzione di immobili destinati principalmente all’esercizio dell’attività principale.
L’istante, con cinque diversi rogiti, ha acquistato tra il 2017 e il 2019, alcuni edifici con lo scopo di ristrutturarli tramite demolizione e ricostruzione con ampliamento della metratura. A fine lavori il progetto prevede la realizzazione di due edifici da utilizzare nell’esercizio dell’attività di impresa della ditta.
Il permesso a costruire è stato rilasciato nel dicembre 2020.
Gli immobili in questione sono situati nella zona sismica 2 e dopo gli interventi avranno superfici più ampie e una maggiore cubatura rispetto agli edifici preesistenti.
La società ha presentato due distinte richieste di permesso a costruire nel 2019, la seconda delle quali consisteva in una variante dell’autorizzazione ricevuta nel 2018. Nel 2020, con documentazione integrativa, ha prodotto le asseverazioni attestanti il rischio sismico accertato prima dell’intervento in quanto l’opera deve essere ancora realizzata.

La società ritiene di poter usufruire del Sismabonus “ordinario” previsto dal combinato disposto degli articoli 16-bis, lettera i) del Tuir e 16 del Dl n. 63/2013, usufruendo della detrazione del 50% delle spese sostenute, nel limite di 96mila euro per ciascun immobile e per ogni anno, da suddividere in 5 quote annuali di pari importo, o delle maggiori detrazioni del 70% e 80% a seconda che vi sia la diminuzione di una o due classi di rischio.
E in relazione a tale agevolazione chiede se potrà beneficiare del Sismabonus ordinario e possa applicare la detrazione nel limite massimo di 96mila euro per ogni edificio esistente prima della demolizione.

L’Agenzia delle entrate, sulla base delle informazioni emerse dalla lettura dell’interpello, esclude che l’istante possa beneficiare dell’agevolazione.
La conclusione sfavorevole per il contribuente emerge dal quadro normativo che disciplina l’agevolazione richiamata dalla società. L’amministrazione, come di consueto, ricorda in quali casi spetta la detrazione prevista dall’articolo 16-bis del Tuir e dall’articolo 16 del Dl 63/2013.
In particolare, l’Agenzia ricorda che il decreto n. 58/2017 del Mit detta le linee guida per la determinazione del rischio sismico degli immobili e definisce e le modalità per l’attestazione, da parte di professionisti abilitati, dell’efficacia degli interventi effettuati. Il Dm stabilisce che chi progetta l’intervento strutturale deve asseverare la classe di rischio dell’edificio prima dei lavori e quella conseguibile a fine intervento.
In relazione al caso in esame è importante rilevare che l’articolo 3, comma 3, di tale decreto, in vigore al momento della presentazione delle richieste di permesso a costruire da parte dell’istante, prevedeva la contestuale presentazione dell’asseverazione insieme alla richiesta del titolo abilitativo.
Nel caso in esame, quindi, l’asseverazione prodotta nel 2020, successivamente alla richiesta di autorizzazione a costruire (2019 e con variante all’autorizzazione 2018), impedisce alla società di accedere al Sismabonus, come chiarito con la circolare n. 19/2020 in base a cui l’accesso all’agevolazione è precluso in caso di asseverazione tardiva.

Solo successivamente ai fatti dell’interpello è entrata in vigore la modifica prevista dal decreto Mit n. 24/2020, che ha previsto che “il progetto degli interventi per la riduzione del rischio sismico e l’asseverazione di cui al comma 2, devono essere allegati alla segnalazione certificata di inizio attività o alla richiesta di permesso di costruire, al momento della presentazione allo sportello unico competente di cui all’articolo 5 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, per i successivi adempimenti, tempestivamente e comunque prima dell’inizio dei lavori”.
Tale disposizione è valida per i titoli abilitativi chiesti a partire dalla data di entrata in vigore del provvedimento (16 gennaio 2020).

In conclusione la società, non avendo allegato le previste asseverazioni alle richieste di permesso a costruire nel 2019, come variante del 2018, non può beneficiare, in base alla disciplina all’epoca vigente, del Sismabonus. La conclusione assorbe anche gli altri quesiti dell’istante.

Fonte: FiscoOggi

Per la fruizione del Superbonus l’immobile deve essere esistente

16 Marzo 2021
Tale requisito non sussiste per le unità che sono iscritte nel Catasto con la categoria F/3 in quanto si tratta di fabbricati ancora in corso di costruzione, esclusi, pertanto, dal beneficio

Gli appartamenti di un condominio risultanti “al grezzo” e accatastati F/3 non possono accedere al Superbonus. Nel caso di ampliamento di edificio esistente il “Super ecobonus” non si applica alla parte eccedente il volume ante-operam. Una cooperativa a proprietà divisa non potrà fruire del Superbonus in assenza della costituzione in condominio. Sono alcuni dei chiarimenti dell’Agenzia forniti rispettivamente con le risposte n. 174, n. 175 e n. 184 del 16 marzo 2021.

risposta n. 174/2021

Un condominio costituito da 5 piani fuori terra e composto da 18 appartamenti e 3 magazzini di cui 5 appartamenti che risultano “al grezzo” e accatastati nella categoria F/3 “unità in corso di costruzione”, non potrà fruire del Superbonus per gli interventi eseguiti sugli immobili F/3 in quanto non sono definibili quali unità “esistenti” di natura residenziale, ma in corso di costruzione. Viene meno infatti un requisito fondamentale per l’applicazione dell’agevolazione.
La presenza delle cinque unità immobiliari accatastate nella categoria F/3 non preclude, tuttavia, la possibilità al condominio istante di accedere al Superbonus, considerato che le restanti unità immobiliari sono diversamente accatastate e hanno natura residenziale, sempre che vengano rispettate tutte le condizioni richieste dalla normativa.
Il condominio potrà beneficiare, per gli interventi di efficientamento energetico (trainanti e trainati), della detrazione calcolata su un ammontare complessivo delle spese di importo variabile in funzione di 13 unità immobiliari, restandone escluse quelle censite come unità F/3.

risposta n. 175/2021

Per gli interventi da eseguire, in mancanza del titolo edilizio, non ancora richiesto al Comune competente, la detrazione delle relative spese è subordinata alla condizione che lo stesso titolo evidenzi che le opere consistono in un intervento di conservazione del patrimonio edilizio esistente e non in un intervento di nuova costruzione. L’intervento deve riguardare edifici o unità immobiliari “esistenti”, non essendo agevolati gli interventi realizzati in fase di nuova costruzione. A differenza del Super sismabonus, la detrazione fiscale legata al Super ecobonus non si applica alla parte eccedente il volume ante-operam. Ne consegue che, nel caso in esame, relativo ad interventi da eseguirsi su un edificio composto da 3 unità abitative e 4 unità pertinenziali di proprietà di due soggetti, sussistendo la prevalenza residenziale, si potrà accedere al Superbonus sia per gli interventi antisismici che per gli interventi di efficientamento energetico, ma per tali ultimi interventi si potrà fruire delle detrazioni per le sole spese relative alla parte esistente.
Con l’Ape, ante e post intervento, rilasciato da un tecnico abilitato nella forma della dichiarazione asseverata, deve essere dimostrato che dagli interventi realizzati derivi il miglioramento di almeno due classi energetiche o il conseguimento della classe energetica più alta. Nel caso di interventi di ristrutturazione con demolizione che includono l’ampliamento, l’Ape post operam deve essere redatto considerando l’edificio nella sua configurazione finale.
Riguardo il limite di spesa ammissibile al Superbonus si considera il numero delle unità immobiliari esistenti prima dell’inizio dei lavori. Il calcolo deve tener conto anche delle pertinenze all’interno di edifici in condominio, dovendosi escludere invece quelle collegate in un edificio diverso da quello oggetto di intervento. Nell’istanza in esame, il limite di spesa per gli interventi di Sismabonus è pari a 96mila euro per le 7 unità complessive che costituiscono l’edificio.
Quando si esegue un intervento antisismico ammesso al Superbonus sono agevolabili anche le spese di manutenzione ordinaria o straordinaria, (pareti esterne e interne, pavimenti, soffitti, impianto idraulico ed elettrico) necessarie per completare l’intervento nel suo complesso. Anche tali spese concorrono al limite dei 96mila euro per immobile, a condizione, tuttavia, che l’intervento a cui si riferiscono sia effettivamente realizzato (circolare n. 24/2020). Anche per i lavori per l’adozione di misure antisismiche vale il principio secondo cui l’intervento di categoria superiore assorbe quelli di categoria inferiore ad esso collegati. L’istante potrà beneficiare delle agevolazioni Superbonus con riferimento agli interventi di riduzione del rischio sismico in funzione del numero delle unità immobiliari di cui si compone l’edificio comprese le pertinenze, se non collocate fuori dal condominio, per un numero massimo di 7 unità. L’istante inoltre potrà beneficiare delle agevolazioni rientranti nella disciplina del Superbonus, per gli interventi di efficientamento energetico, per le sole spese relative alla parte esistente (volume ante-operam).
La circostanza che la cessione del credito avviene a favore di una società a responsabilità limitata nella quale l’istante è socio e membro del consiglio di amministrazione, infine, non è una causa ostativa alla fruizione del Superbonus nelle modalità di cui all’articolo 121 del decreto “Rilancio”.
Sono, in sintesi, le cinque soluzioni interpretative fornite dall’Agenzia delle entrate con la risposta n. 175/2021, concernenti lavori di ristrutturazione edilizia su unità A2 e C6 con demolizione e ampliamento, oltre a interventi energetici su un condominio.

risposta n. 184/2021

Una cooperativa a proprietà divisa, che vuole eseguire degli interventi di risparmio energetico, non potrà beneficiare del Superbonus, considerato che dall’istanza non emerge la costituzione di un condominio nell’accezione richiesta dalla disciplina civilistica, requisito che consente l’accesso all’agevolazione. È, in estrema sintesi, il chiarimento all’istante, che, invece, riteneva di poter rientrare nel campo di applicazione dell’articolo 119 del decreto “Rilancio”, sulla base dell’equiparazione della “concessione d’uso amministrativo ai fini edilizi ed urbanistici”, in suo possesso, e il diritto di proprietà.
L’Agenzia, inoltre, ricorda che, ai sensi della lettera d), comma 9, dell’articolo 119, rientrano nell’ambito di applicazione del Superbonus le “cooperative di abitazione a proprietà indivisa, per interventi realizzati su immobili dalle stesse posseduti e assegnati in godimento ai propri soci”, fattispecie diversa dalla qualifica dell’istante come cooperativa a proprietà divisa.

Fonte: fiscoggi

Immobili non residenziali, prosegue la parziale ripresa

Tax credit “affitti” per l’Enc sul canone versato a lordo Iva

8 Marzo 2021
Per determinare la soglia degli introiti non superiore a 5 milioni di euro, si devono considerare i soli ricavi rilevanti ai fini Ires, con esclusione di quelli derivanti da attività svolte per scopi istituzionali.

L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 160 dell’8 marzo 2021, per i canoni di locazione relativi agli immobili adibiti a sede istituzionale, dà il via libera all’utilizzo del bonus “affitti” all’ente non commerciale, che svolge solo, occasionalmente, attività commerciale ed è privo di partita Iva. Il credito d’imposta, in tale ipotesi, va determinato sull’importo dell’affitto al lordo dell’Iva, in quanto l’imposta rappresenta per l’ente non commerciale un costo che incrementa il canone di locazione corrisposto.

L’istante è un Enc privo di partita Iva e, al tempo stesso, associazione privatistica senza fini di lucro. Le sue risorse finanziarie derivano dalle quote associative e dalle attività non commerciali (articolo 148, comma 3 del Tuir), per un importo annuale superiore a 5 milioni di euro. L’ente svolge, inoltre, occasionalmente attività commerciali finalizzate agli scopi istituzionali, con ricavi marginali, dichiarati ai fini Ires come redditi diversi, quali royalties, subaffitti di impianti sportivi e incassi di gare di spareggio per la conclusione dei campionati. L’associazione opera, in tutto il territorio nazionale, in immobili per i quali paga canoni di affitto a fronte di fatture sottoposte a Iva.
L’istante chiede se può beneficiare del credito di imposta previsto dall’articolo 28 del decreto “Rilancio” in relazione ai canoni corrisposti e se deve tener conto del limite dei 5 milioni fissati dalla norma per usufruire dell’agevolazione. L’ente ritiene che gli introiti che superano tale tetto derivano da attività non commerciale e, quindi, non rilevanti ai fini del bonus in questione e incassa il sì anche dell’amministrazione finanziaria.

Il credito d’imposta oggetto dell’interpello è stato introdotto dal decreto “Rilancio” per risarcire parzialmente gli esercenti dei canoni di locazione mensili degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda corrisposti nonostante la chiusura forzata dell’attività dovuta all’emergenza da Covid-19. Possono beneficiare dell’agevolazione i contribuenti che svolgono attività d’impresa, arte o professione, che nel 2019 non hanno superato, tra ricavi o compensi, il tetto complessivo di 5 milioni di euro (comma 1).
La norma specifica che possono usufruire del tax credit anche gli enti non commerciali per il canone di locazione, di leasing o di concessione di immobili a uso non abitativo destinati allo svolgimento dell’attività istituzionale (comma 4).
Per chi svolge attività economica il credito d’imposta è subordinato a una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nel mese di riferimento di almeno il 50% rispetto allo stesso mese del periodo d’imposta precedente e, inoltre, la misura dell’agevolazione è commisurata “all’importo versato nel periodo d’imposta 2020 con riferimento a ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio e giugno” (comma 5).

L’Agenzia delle entrate è intervenuta sull’argomento con diversi documenti di prassi. In particolare, con la circolare n. 14/2020 (vedi articolo “Credito d’imposta canoni di locazione. I primi chiarimenti delle Entrate”) e la risoluzione n. 68/2020 (vedi articolo “Credito d’imposta canoni di affitto esteso alla sublocazione dell’Asd”) ha chiarito che, come prevede la norma, possono fruire del credito di imposta gli enti non commerciali, comprese le organizzazioni del terzo settore, e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, relativamente al costo sostenuto per il “canone di locazione, di leasing o di concessione di immobili ad uso non abitativo destinati allo svolgimento dell’attività istituzionale”.
L’amministrazione osserva che, dalla lettura della disposizione, emerge che detti organismi possono usufruire del contributo anche se svolgono, oltre all’attività istituzionale, un’attività commerciale, in modo non prevalente o esclusivo.

Il quadro normativo, secondo l’Agenzia, esclude dal beneficio gli enti che esercitano, in via prevalente o esclusiva, un’attività in regime di impresa con ricavi superiori al limite di 5 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente.

Gli enti non commerciali, spiega la risoluzione n. 68/2020 richiamata, per determinare la soglia degli introiti non superiore a 5 milioni di euro, devono considerare i soli ricavi rilevanti ai fini Ires, con esclusione di quelli derivanti da attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali.

La circolare n. 14/2020 ha, inoltre, chiarito che, per la verifica dei flussi reddituali per gli Enc che svolgono attività commerciale non prevalente, il calcolo del limite dei 5 milioni di euro va determinato per ciascuna tipologia di soggetto in base alle proprie regole di definizione del reddito.
Al riguardo, gli enti che effettuano operazioni commerciali soltanto occasionalmente e, quindi, privi di partita Iva, devono calcolare il credito d’imposta sull’importo dell’affitto al lordo Iva, perché in tal caso l’imposta rappresenta per l’Enc un aggravio sul canone d’affitto dovuto.

In definitiva, conclude l’Agenzia, tornando al caso dell’interpello, l’ente istante può beneficiare del bonus “locazioni” per i canoni corrisposti in relazione agli immobili adibiti a sede istituzionale al lordo dell’Iva indicata nella fattura.

Registri immobiliari storici, come salvaguardare un patrimonio

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Superbonus 110%: interventi e strumenti online per gli amministratori di condominio. Un interessante webinar organizzato da Fronius

Italia Casa e Quotidiano del Condominio presentano il webinar gratuito “SUPERBONUS 110%: INTERVENTI E STRUMENTI ONLINE PER GLI AMMINISTRATORI DI CONDOMINIO” organizzato dal nostro partner Fronius Italia che si avvarrà della collaborazione di partner importanti nei settori della consulenza fiscale e revisione contabile (Ernst Young), della produzione di tecnologie per il riscaldamento ed il raffrescamento (LG Electronics Italia) e della gestione dei processi di riqualificazione degli edifici (Harley&Dikkinson).

Un incontro gratuito sulle soluzioni che facilitano l’accesso e la gestione degli interventi di efficientamento energetico agli amministratori di condominiali che vogliono cogliere l’opportunità del Superbonus 110%.

Appuntamento oggi alle ore 14.30 di  sulla piattaforma GoToWebinar (posti limitati, iscrizione obbligatoria).

Per iscrizioni https://register.gotowebinar.com/

Il webinar organizzato da Fronius Italia si avvarrà della collaborazione di partner importanti nei settori della consulenza fiscale e revisione contabile (Ernst Young), della produzione di tecnologie per il riscaldamento ed il raffrescamento (LG Electronics Italia) e della gestione dei processi di riqualificazione degli edifici (Harley&Dikkinson). Ogni azienda presenterà le soluzioni concrete che ha da offrire in ottica di Superbonus 110%, soffermandosi sugli strumenti online che possono portare notevoli benefici operativi agli amministratori condominiali, come piattaforme per la cessione del credito e per le assemblee condominiali.

Appuntamento alle ore 14.30 di mercoledì 10 Febbraio, sulla piattaforma GoToWebinar (posti limitati, iscrizione obbligatoria).

IL PROGRAMMA

L’evento si articola in 4 momenti, ciascuno dei quali avrà come focus uno specifico strumento – sempre fruibile online –  per la gestione del Superbonus: si partirà dalla presentazione degli aspetti fiscali derivanti dall’agevolazione al 110%, per passare poi alla cessione del credito, la gestione delle assemblee condominiali e le garanzie sugli interventi. Infine verranno presentati gli interventi trainanti e trainati, con una particolare attenzione per gli strumenti di monitoraggio delle tecnologie, grazie ai quali si può massimizzare il risparmio energetico e la convenienza economica della riqulificazione.

Ore 14:30 – Introduzione a cura di Fronius Italia

Ore 14:35 – PRESENTAZIONE SUPERBONUS 110%
A cura di: Avv. Giuliano Zanchi, Avv. Paolo Spagnol & Dott.ssa Alexia Pinter – Ernst Young

Ore 15:00 – SOLUZIONI ONLINE PER GLI AMMINISTRATORI CONDOMINIALI
A cura di: Dott.ssa Annalisa Ferrazzi – Harley & Dikkinson

Ore 15:30 – EFFICIENTAMENTO TERMICO E SOLARE

A cura di: Ing. Francesco Frau & Ing. Luca Farfanelli – LG Electronics Italia

Ore 16:00 – EFFICIENTAMENTO ENERGETICO: FOTOVOLTAICO E SISTEMI DI ACCUMULO
A cura di: Per. Ind. Nicola Vicentini – Fronius Italia

Ore 16:30 – Gli esperti rispondono / Conclusione lavori

Per iscrizioni https://register.gotowebinar.com/

Superbonus 110%. Arriva la nuova guida online aggiornata

a cura di Fiscooggi.it

Disponibile sul sito delle Entrate, nell’apposita sezione “l’Agenzia informa, con tutti gli aggiornamenti apportati dalla legge di Bilancio 2021, la versione che ha ampliato la portata delle misure del Superbonus.
Ampliato l’ambito applicativo
La detrazione spetta per le spese documentate e rimaste a carico del contribuente, sostenute dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2022, per gli interventi trainanti (isolamento termico, impianti di climatizzazione, interventi antisismici). Una delle novità è rappresentata dall’inclusione, fra lavori di isolamento termico, della coibentazione del tetto.
Il Superbonus spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022 per gli interventi sulle parti comuni degli edifici effettuati dai condomìni e dalle persone fisiche, al di fuori di un’attività di impresa, con riferimento agli edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate posseduti da un unico proprietario o in comproprietà, per i quali alla data del 30 giugno 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 60% dell’intervento complessivo. Se gli interventi con tale percentuale di ultimazione,  sono stati eseguiti dagli istituti autonomi case popolari (Iacp), il Superbonus  vale per le spese sostenute entro il 30 giugno 2023.
Entrano a far parte degli interventi agevolabili la coibentazione del tetto, senza limitare il concetto di superficie disperdente al solo locale sottotetto eventualmente esistente.
Ammessi gli edifici privi di attestato di prestazione energetica (Ape) perché sprovvisti di copertura, di uno o più muri perimetrali, o di entrambi (in genere, gli edifici collabenti appartenenti alla categoria catastale F2), purché, al termine degli interventi, che devono comprendere anche quelli di isolamento termico sugli involucri, anche in caso di demolizione e ricostruzione o di ricostruzione su sedime esistente, raggiungano una classe energetica in fascia A.
Fra gli interventi trainati hanno accesso al Superbonus quelli finalizzati alla eliminazione delle barriere architettoniche, per favorire la mobilità interna ed esterna ai portatori di handicap grave, per le spese sostenute dal 1° gennaio 2021 (articolo 16-bis, comma 1, lettera e), Tuir).
Aumento del 50% per i comuni colpiti dal sisma
Per la ricostruzione dei fabbricati danneggiati in tutti i comuni interessati da eventi sismici avvenuti dopo il 2008 dove sia stato dichiarato lo stato d’emergenza i limiti delle spese sostenute fino al 30 giugno 2022 ammesse all’ecobonus e al sismabonus sono aumentati del 50%. Prima, la maggiorazione era prevista solo per i comuni del Centro Italia colpiti dal sisma del 2016 e quelli dell’Abruzzo colpiti dal sisma del 2009.
Colonnine di ricarica elettrica
Previsti tre differenti limiti di spesa agevolabile, a parte i lavori in corso di esecuzione, per l’installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici (realizzate insieme a un intervento trainante): 2.000 euro per gli edifici unifamiliari, 1.500 euro per gli edifici plurifamiliari o i condomìni con massimo otto colonnine, 1.200 euro per gli edifici plurifamiliari o i condomìni che ne installano più di otto.
Chiarito il concetto di “funzionalmente indipendente”
Un’altra precisazione riguarda la definizione di “accesso autonomo dall’esterno”. Si tratta di un accesso indipendente, non comune alle altre unità immobiliari, chiuso da cancello o portone d’ingresso che consenta l’accesso dalla strada o da cortile o da giardino anche di proprietà non esclusiva. Chiarito anche il concetto di immobile “funzionalmente indipendente”, un fabbricato, cioè dotato almeno tre delle seguenti installazioni o manufatti di proprietà esclusiva: impianti per l’acqua, per il gas, per l’energia elettrica, per la climatizzazione invernale.
Ripartizione delle spese
La detrazione pari al 110% delle spese a ripartita tra gli aventi diritto in 5 quote annuali di pari importo, se sostenute entro il 31 dicembre 2021, e in 4 quote annuali di pari importo se sostenute, invece, nell’anno 2022. Per gli Iacp e gli enti aventi le stesse finalità sociali, la ripartizione in 4 quote annuali di pari importo si applica alle spese sostenute dal 1° luglio 2022.
Le regole per le opzioni alternative
Le modalità di esercizio dell’opzione devono essere effettuate in via telematica, anche tramite intermediari abilitati, come indicato nei provvedimenti delle Entrate dell’8 agosto e del 12 ottobre 2020.
La comunicazione deve essere trasmessa utilizzando la procedura web disponibile nell’area riservata del sito internet o tramite i canali telematici dell’Agenzia.
Per gli interventi ammessi al Superbonus, tale comunicazione deve essere inviata dal soggetto che rilascia il visto di conformità sulla documentazione attestante la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione.
Nel caso di interventi effettuati sulle parti comuni di un edificio, la comunicazione dell’opzione deve essere inviata, sempre in modalità telematica, dall’amministratore di condominio o dal condomino incaricato direttamente oppure avvalendosi di un intermediario. Nel caso in cui l’intervento effettuato sulle parti comuni sia ammesso al Superbonus, la comunicazione dell’opzione deve essere inviata dal soggetto che rilascia il visto di conformità.
L’invio deve essere effettuato entro il 16 marzo dell’anno successivo a quello in cui sono state sostenute le spese che danno diritto alla detrazione.
L’Agenzia quindi fa una serie di controlli sul contenuto delle comunicazioni utilizzando i dati già in suo possesso e quelli trasmessi da Enea per il Superbonus sugli interventi di riqualificazione energetica.
È ammessa la possibilità di esercitare l’opzione per la cessione del credito anche per le rate residue non fruite delle detrazioni riferite alle spese sostenute negli anni 2020 e 2021. In tal caso deve valere per tutte le rate residue e deve essere trasmessa entro il 16 marzo dell’anno di presentazione della dichiarazione dei redditi in cui avrebbe dovuto essere indicata la prima rata ceduta non utilizzata in detrazione.
Nel caso di opzione per la cessione del credito corrispondente alle rate residue non fruite, la comunicazione deve essere inviata dal soggetto che rilascia il visto, qualora le spese siano riferite ad interventi ammessi al Superbonus, mentre negli altri casi direttamente dal soggetto beneficiario della detrazione o da un suo intermediario.
Obbligo di esporre cartello nel cantiere
Tra gli adempimenti previsti per accedere alla maxi-agevolazione, certificazione necessaria e documenti da trasmettere, un’altra novità della legge di bilancio 2021 è l’obbligo di esposizione del cartello nel cantiere. Il cartello deve essere ben visibile e deve inoltre riportare la dicitura  “Accesso agli incentivi statali previsti dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, superbonus 110% per interventi di efficienza energetica o interventi antisismici”.
Completano la guida, le tabelle riepilogative per ciascuna tipologia di intervento, l’esposizione di casi pratici, le risposte alle domande più frequenti e l’indicazione dei documenti normativi e di prassi intervenuti in tema di Superbonus.

Fonte Fiscooggi.it

Antitrust, sanziona Eni e Enel per 12,5 mln di euro per aver rigettato prescrizione biennale delle bollette

L’Autorità ha accertato l’ingiustificato rigetto delle istanze di prescrizione biennale presentate dagli utenti a causa della tardiva fatturazione dei consumi di luce e gas. Eni ed Enel valutano un ricorso.

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha deliberato la chiusura dei procedimenti istruttori avviati nei confronti delle Società Enel Energia, Servizio Elettrico Nazionale (SEN) ed Eni gas e luce, irrogando una sanzione complessiva di 12,5 milioni di euro. L’Antitrust ha infatti accertato l’ingiustificato rigetto delle istanze di prescrizione biennale presentate dagli utenti, a causa della tardiva fatturazione dei consumi di luce e gas, in assenza di elementi idonei a dimostrare che il ritardo fosse dovuto alla responsabilità dei consumatori.

Si ricorda che la Legge di Bilancio 2018 ha introdotto la possibilità, per i consumatori, di eccepire la prescrizione biennale dei crediti vantati dagli operatori del settore energetico in relazione ai consumi di luce e gas pluriennali fatturati tardi, salvo in caso di “accertata responsabilità” degli utenti medesimi.

Dopo l’entrata in vigore di questa disciplina, numerosi consumatori hanno segnalato all’Autorità il mancato accoglimento delle istanze di prescrizione biennale da parte di Eni, Enel e SEN, cui è seguito l’ingiustificato pagamento di crediti prescritti. Come accertato, in migliaia di casi, le società addebitavano agli utenti la responsabilità della mancata lettura dei contatori a fronte dei tentativi di lettura dichiarati dal distributore; tuttavia, tali tentativi non solo non erano documentati, ma spesso erano smentiti dalle prove fornite dai consumatori, anche in sede di conciliazione: ad esempio l’accessibilità del contatore o la presenza in casa dell’utente, di suoi congiunti o del portiere dello stabile al momento del presunto tentativo di lettura del contatore.

Inoltre, durante il procedimento è emerso che Enel Energia e Servizio Elettrico Nazionale addebitavano immediatamente gli importi fatturati soggetti a prescrizione agli utenti che avevano scelto come modalità di pagamento la domiciliazione bancaria/postale o l’uso della carta di credito, talvolta ignorando l’istanza di prescrizione sollevata dagli utenti oppure comunicando loro il relativo rigetto soltanto in seguito.

Considerando la gravità della pratica commerciale scorretta attuata dalle due società, l’Autorità ha sanzionato Enel Energia per 4 milioni di euro e Servizio Elettrico Nazionale per 3,5 milioni di euro, mentre ha irrogato a Eni gas e luce una sanzione di 5 milioni di euro, pari al massimo edittale, a causa del maggior numero di istanze di prescrizione rigettate in proporzione alle istanze presentate dai consumatori e della recidiva in tema di condotte scorrette relative alla prescrizione.

Ai sensi dell’art. 1, comma 4, della Legge di Bilancio 2018 (L. 205/2017), per effetto della delibera dell’Autorità, gli utenti interessati hanno diritto ad ottenere entro tre mesi il rimborso dei pagamenti già effettuati a titolo di indebito conguaglio.

Indubbiamente una buona notizia per consumatori. “Finalmente si chiude una lunga battaglia che abbiamo condotto sulla prescrizione. Una nostra vittoria e una vittoria per tutti i consumatori” afferma l’avv. Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, l’associazione che ha segnalato le società all’Antitrust ottenendo la sanzione per Eni, Enel e Sen per 12,5 milioni complessivi, avendo accertato l’Authority l’ingiustificato rigetto delle istanze di prescrizione biennale presentate dagli utenti a causa della tardiva fatturazione dei consumi di luce e gas.

“Una conferma delle nostre tesi. Ogni scusa era buona per non concederla, scaricando la responsabilità sull’utente finale, spesso supportati anche dai distributori locali. Ora che la prescrizione si applica senza se e senza ma, grazie all’ultima modifica introdotta con la Legge di Bilancio del 2020, il problema è stato in gran parte risolto” prosegue Dona.

“Ma i consumatori ora devono riavere i soldi maltolti e, soprattutto, poter bloccare i pagamenti in corso. Ci sono famiglie, infatti, che stanno ancora pagando la rateizzazione per via di bollette pluriennali. Ora servono anche le condanne dei distributori. Insomma, la guerra non è ancora finita” conclude Dona.

Ma la partita sembra che non si sia chiusa definitivamente. Perchè la decisione dell’Antitrust sarà oggetto di  una opposizione di Eni gas e luce che «dissente dalle conclusioni dell’AGCM, e sta valutando attentamente un ricorso contro la decisione, in quanto ritiene di aver sempre trattato con attenzione e correttezza le istanze di prescrizione dei propri clienti – si legge in una nota – Eni gas e luce, infatti, riconosce la prescrizione di propria iniziativa, ossia ancor prima che i clienti la richiedano, in tutti i casi in cui il ritardo di fatturazione derivi da una propria responsabilità».

Errore di ripartizione della spesa “in concreto” e cessazione della materia del contendere. Commento a sent. Trib. Napoli n. 6799-2020

[Prof. Avv. Rodolfo Cusano – Avv. Amedeo Caracciolo]

Premessa

Un condomino ricorreva al Tribunale di Napoli per l’impugnativa di una delibera assembleare che, nell’ambito di lavori concernenti l’intero fabbricato aveva ripartito spese inerenti il lastrico solare di (dubbio) uso esclusivo ex art. 1123 c.c. e non ex art. 1126 c.c.

L’atto di citazione veniva notificato oltre il termine di trenta giorni dalla notifica del verbale all’attore impugnante, che lamentava altresì la circostanza che dal tenore dello stesso non si evinceva espressamente il criterio di ripartizione adottato, comunque comunicato successivamente assieme al verbale.

Si costituiva il Condominio in giudizio eccependo la tardività della notifica dell’atto di citazione (effettuato oltre il termine di trenta giorni dalla notifica del verbale) e la cessazione della materia del contendere, atteso che, nelle more, era intervenuta una nuova delibera assembleare che aveva modificato la ripartizione nel senso auspicato dal ricorrente.

 

Le questioni affrontate dal Tribunale

Due le questioni di interesse rilevante affrontate dal Tribunale nel caso in questione:

1- Nullità o annullabilità della delibera che viola “in concreto” una ripartizione delle spese.

2- I presupposti alla base della dichiarazione di cessazione della materia del contendere quando una delibera viene sostituita da una successiva con pari o.d.g. ma con un deliberato di segno opposto.

1- In merito alla prima questione, il Condominio eccepiva che la delibera adottata era, al più, annullabile e pertanto l’impugnativa andava rigettata essendo stato disatteso il termine di trenta giorni a pena di decadenza ex art. 1137 c.c. per l’instaurazione del giudizio. Sostenendo ciò era sottintesa l’adesione  all’orientamento che ritiene ancora valida la distinzione tra violazioni in concreto e violazioni in astratto dei criteri di riparto con conseguente rispettiva annullabilità o nullità della delibera. Giova ribadire che, ci si trova innanzi a violazione in astratto dei criteri legali, e conseguente nullità della delibera, quando si deroga agli stessi in assenza di accordo unanime dei partecipanti al condominio, in maniera espressa e stabile mentre, viceversa, ricorre la meno grave ipotesi di annullabilità della delibera quando si effettuano dei riparti che in concreto vadano a violare (rectius a mal applicare) i criteri già stabiliti dalla legge, come nel caso in cui, pur rispettando l’astratto criterio normativo, si deroghi allo stesso, anche per errore, nel singolo caso concreto (Cass. 10586/2019, 11289/2018, 27016/2011).

Già le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 4806/2005, avevano chiarito che la delibera assunta nell’esercizio delle attribuzioni assembleari di cui all’art. 1135 nn. 2 e 3 e relativa alla ripartizione in concreto delle spese condominiali ove adottata in violazione dei criteri già stabiliti è “meramente” annullabile in quanto non incide sui criteri generali da adottare nel rispetto dell’art. 1123 c.c.

Nulle sarebbero, viceversa, le sole delibere affette da vizi sostanziali oppure aventi ad oggetto materie sottratte alla competenza dell’assemblea.

Alla stregua di tale orientamento, la relativa impugnazione doveva essere proposta dunque nel termine di decadenza previsto dall’art. 1137 c.c.

Il Tribunale, viceversa, accertato l’uso esclusivo del lastrico da parte dei condomini dell’ultimo piano, riteneva di aderire all’orientamento più recente, considerando sempre nulla la delibera dell’assemblea che violi i criteri legali di ripartizione o quelli di cui al regolamento.

Tale orientamento non pone distinzioni e sostiene che tutte le deliberazioni dell’assemblea comunque adottate in violazione dei criteri normativi o regolamentari di riparto sono da considerarsi nulle in quanto rese in “eccesso di potere” rispetto alle attribuzioni assembleari, non potendo la maggioranza dei partecipanti incidere sulla misura degli obblighi dei singoli condomini fissati dalla legge o dal regolamento contrattuale, occorrendo a tal fine un accordo unanime espressione dell’autonomia negoziale (Cass. nn. 19832/2019, 470/2019, 33039/2018, 19651/2017).

In particolare, in attesa che la questione sia chiarita una volta per tutte dalle Sezioni Unite, così motiva il Tribunale di Napoli nel caso in questione: “la delibera la quale stabilisca un riparto delle spese in violazione di un criterio legale è nulla e non già annullabile, a meno che non sia adottata all’unanimità e sia frutto di un accordo negoziale derogatorio rispetto ai criteri di imputazione della spesa stabiliti per legge (cfr Cass. civ., sent. n. 5125 del 03.05.1993; Cass. civ., sent. n. 5814 del 23.03.2016, relative al caso in cui era stata lamentata la deroga al criterio di riparto delle spese di cui all’art. 1126 c.c.). Giacché quello denunziato è un vizio di nullità della delibera, lo stesso non è soggetto al termine decadenziale di cui all’art. 1137 c.c., con conseguente rigetto dell’eccezione di tardività dell’impugnazione mossa dal condominio convenuto”

2- Sulla diversa e parimente interessante questione il Tribunale Campano chiarisce che nella fattispecie in oggetto non poteva essere adottata alcuna statuizione di cessazione della materia del contendere.

La cessazione della materia del contendere, infatti, è una statuizione la quale può essere adottata, anche d’ufficio, dal giudice, purché verifichi e valuti l’effettivo venir meno dell’interesse ad una decisione sul merito della vertenza (cfr Cass. civ., ord. n. 19568 del 04.08.2017).

Nel caso in esame con la successiva delibera cui si è fatto riferimento nella premessa del presente contributo, l’assemblea condominiale, pur recependo le indicazioni degli opponenti in punto di regolamentazione delle spese dei lavori al lastrico solare, aveva espressamente affermato la legittimità della loro ripartizione secondo Tabella A, ripartizione di cui alla prima delibera impugnata.

A parere del Tribunale, dunque, sussisteva e permaneva, pertanto, l’interesse delle parti alla verifica della validità del precedente deliberato.

Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità il disposto dell’art. 2377 c.c., previsto per le società di capitali, è analogicamente applicabile anche ai giudizi di impugnativa di delibere condominiali sicché, nel solo caso in cui la delibera impugnata sia sostituita da successiva delibera, facendo venire meno il motivo di contrasto fra le parti, si determina la cessazione della materia del contendere (Cass. civ., sent. n. 20071 del 11.08.2017; Cass. civ., sent. n. 11961 del 28.06.2004).

Ed infatti, per il caso in questione, in occasione della seconda assemblea i condomini, pur decidendo di modificare il criterio di riparto adottato nella delibera impugnata, riaffermavano espressamente – a verbale – la piena validità dello stesso.

Il Tribunale, dunque, non dichiara la cessazione della materia del contendere specificando che, affinché tale effetto si determini, occorre che la seconda delibera abbia la precipua finalità di rimuovere l’iniziale causa di invalidità, giacché solo in tal caso viene meno l’interesse all’impugnativa della prima delibera (cfr. Cass. civ., ord. n. 10847 del 08.06.2020 la quale, in motivazione, chiarisce quanto segue: “perché possa verificarsi la rinnovazione sanante con effetti retroattivi, alla stregua dell’art. 2377, comma 8, c.c., è necessario che la deliberazione impugnata sia sostituita con altra che abbia un identico contenuto, e che cioè provveda sui medesimi argomenti, della prima deliberazione, ferma soltanto l’avvenuta rimozione dell’iniziale causa di invalidità (Cass. Sez. 2, 09/12/1997, n. 12439; Cass. Sez. 2, 30/12/1992, n. 13740; Cass. Sez. 2, 19/04/1988, n. 3069). Ove, invece, l’assemblea decida di revocare la precedente deliberazione e di adottarne altra avente una portata organizzativa del tutto nuova, gli effetti di quest’ultima decorrono soltanto da quando sia stata assunta”).

Nel caso in esame, non avendo avuto la seconda delibera valore ricognitivo della invalidità del primo deliberato, permaneva l’interesse delle parti all’accertamento della legittimità, o meno, della delibera impugnata.

Andava, quindi, affermato, a parere del Tribunale, l’interesse all’impugnazione della delibera da parte dell’attore, delibera che dunque veniva dichiarata nulla per l’adesione del Tribunale all’orientamento più rigoroso sopra descritto .

Conclusioni

Da tale arresto giurisprudenziale possono trarsi le seguenti considerazioni.

La dichiarazione di nullità radicale della delibera assembleare che decida di ripartire una spesa in deroga a criteri di legge appare eccessiva, legittimando impugnative anche a distanza di anni e rischiando di determinare, sotto diversi punti di vista, una instabilità della gestione del Condominio soprattutto in casi-limite nei quali, per le non chiaramente qualificabili caratteristiche edili e architettoniche dei fabbricati (ad es. sopraelevazioni, tetti cd. “a falde”, corpi di fabbrica separati da giunti tecnici) converrebbe “contenere” le possibili impugnative entro e non oltre il termine, più che sufficiente, di trenta giorni dalla delibera o dalla ricezione del verbale (considerando che detto termine è interrotto anche dalla mera istanza di mediazione obbligatoria).

Così facendo, si salvaguardano, contemporaneamente, l’efficienza di gestione e di appalto di lavori (anche di grande portata, attesi gli attuali benefici fiscali per tutti i condomini) e la “certezza del diritto”, che viceversa sarebbe denegata aderendo all’indirizzo giurisprudenziale che ravvisa a priori il vizio di nullità per ciascun errore di riparto.

Ovviamente, tutto quanto sopra, con il correttivo della utilissima distinzione tra errori in astratto, che comunque comporterebbero nullità della deliberazione (nei casi in cui si decida ad esempio, che da un momento in avanti, si ripartiranno spese inerenti a beni e servizi comuni ex art. 1117 c.c. “in parti uguali”) ed errori in concreto, comunque rilevabili a pena di annullabilità, nel termine perentorio di trenta giorni nei casi-limite in cui, nel dubbio tra più criteri, non si addossi la responsabilità all’amministratore nel dar luogo a delibere radicalmente nulle. Anche sotto il profilo della tutela del mandatario della compagine, infatti, tale distinzione sembra più ragionevole.

Sdoganando, viceversa, a tutti i livelli, la fattispecie della nullità, non limitandola alle sole ipotesi di errore di ripartizione in astratto, fioccheranno anche i provvedimenti cautelari di sospensione dell’efficacia delle delibere, con seri – e oltremodo iniqui e gravosi – effetti sulle gestioni, senza considerare il potenziale aumento a dismisura del contenzioso.

Per ciò che concerne, invece, la diversa questione della cessazione della materia del contendere, è doveroso tenere a mente che nel processo intenzionale e motivazionale delle scelte assembleari occorre addurre preciso riferimento alla volontà di rimozione dell’atto impugnato al fine di far venir meno l’interesse contenzioso del condomino impugnante. Ovviamente resterà comunque salva la prosecuzione del giudizio, con decisione limitata alle sole spese legali in ossequio al principio della cd. soccombenza virtuale.